Dalla Cappadocia a Napoli i segreti delle città sotterranee che raccontano l’umanità

Dalla Cappadocia a Napoli i segreti delle città sotterranee che raccontano l’umanità

I segreti delle città sotterranee: dalla Cappadocia a Napoli

C’è qualcosa di profondamente umano nel desiderio di scavare verso il basso. Come se, al pari del cielo, anche il sottosuolo custodisse un richiamo ancestrale. Non è solo una questione di riparo o strategia: è un bisogno simbolico, un modo di cercare protezione, isolamento, mistero. Le città sotterranee sono la parte invisibile della nostra storia, ma non per questo meno viva o meno importante. Anzi, a volte è proprio in quegli spazi bui, silenziosi e scavati nella roccia che si cela il volto più autentico delle civiltà. Sono architetture invisibili che raccontano di paure collettive, tecniche ingegneristiche raffinatissime, riti religiosi, commerci nascosti, fughe, speranze. Le città ipogee non sono solo strutture: sono narrazioni scavate nella pietra.

Da Derinkuyu e Kaymakli, nel cuore della Cappadocia, alle gallerie di Napoli, dai cunicoli di Edimburgo fino ai tunnel nascosti sotto Parigi, la mappa delle città sotto le città si rivela come una seconda geografia umana, fatta di labirinti, pozzi, vie di fuga e rifugi, ma anche di spazi sacri, di convivialità, di quotidianità vissuta sotto la superficie. Ogni epoca ha scavato per motivi diversi, e ogni popolo ha lasciato la propria impronta nella terra. Chi per difendersi da un nemico, chi per sfuggire a persecuzioni, chi per estrarre risorse, chi per nascondere segreti. Le città sotterranee sono un riflesso delle società che le hanno generate. E più le osservi, più ti accorgi che ciò che è nascosto non è solo fisico, ma anche culturale.

In Cappadocia, nel cuore della Turchia, i popoli del passato hanno scolpito intere città nella roccia vulcanica. Non solo stanze e corridoi, ma veri e propri livelli abitativi, alcuni fino a otto piani di profondità, con chiese, depositi, stalle, pozzi d’aerazione e sistemi di difesa geniali come porte a rotella in pietra per sigillare i passaggi. I cristiani in fuga, nei primi secoli dell’era cristiana, trovarono lì non solo un rifugio fisico, ma uno spazio di resistenza culturale, dove poter professare la propria fede lontano dagli occhi dei persecutori. E ancora prima di loro, erano state civiltà anatoliche antiche a scavare nel tufo. Una stratificazione storica che si legge nei dettagli, nei simboli incisi, nelle strutture sopravvissute al tempo e ai terremoti.

Ma l’idea della città sotterranea non è solo orientale. Anche in Italia abbiamo esempi magnifici. Napoli, in particolare, è un organismo duplice. Sopra il caos e il sole delle piazze, sotto un mondo fatto di cisterne greche, cunicoli romani, rifugi antiaerei della Seconda Guerra Mondiale, cripte e catacombe. Un labirinto nascosto, dove la storia si è sedimentata come polvere. L’acqua scorre ancora in alcune gallerie, le pietre conservano i segni dei picconi, e le leggende si mescolano con l’archeologia. Si racconta, ad esempio, che nel sottosuolo napoletano ci siano vie che portano a luoghi irraggiungibili in superficie, passaggi segreti dei Borbone, resti di riti esoterici e simboli indecifrati. Che siano veri o meno, questi racconti dimostrano quanto il sotterraneo stimoli l’immaginario collettivo.

A Roma, sotto i palazzi del potere, si estende un’altra città: quella delle catacombe cristiane, delle vie consolari sepolcrali, degli acquedotti e dei sotterranei imperiali. Anche qui, il sotterraneo è memoria e fede. Un luogo di culto e di sepoltura, ma anche di resistenza. È affascinante come, nella storia dell’uomo, il sottoterra diventi spesso il luogo dove si protegge ciò che è più sacro o più fragile. Un ventre della Terra che accoglie, custodisce, talvolta nasconde. Non è un caso che le grandi religioni abbiano tutte luoghi sotterranei simbolici: tombe, cripte, grotte. Il buio non è solo assenza di luce: è profondità simbolica.

Eppure, non tutto ciò che è sotterraneo ha origine spirituale. In molte città, scavare è stato un atto strategico, legato alla guerra o al controllo. Basti pensare ai chilometri di tunnel sotto Parigi, molti dei quali oggi sono occupati dai famosi cataphiles, esploratori urbani che sfidano la legalità per scoprire i misteri delle catacombe. Oppure ai sotterranei di Edimburgo, che raccontano di criminalità, emarginazione, malattia. In quei cunicoli vivevano poveri, prostitute, emarginati. Il sotterraneo non è solo luogo di potere occulto, ma anche di marginalità. È lo specchio oscuro della società di superficie. E forse proprio per questo ci affascina: perché ci mostra ciò che normalmente non vogliamo vedere.

Ci sono città intere che nascondono livelli inferiori più antichi. A Istanbul, a Gerusalemme, a Matera, sotto le strade moderne giacciono resti di epoche diverse. E spesso, ciò che si trova sotto non è meno sofisticato di ciò che è sopra. Anzi, i sistemi di ventilazione, di drenaggio, di illuminazione naturale progettati secoli fa nei sotterranei sfidano ancora oggi l’ingegneria contemporanea. A volte si ha l’impressione che gli antichi sapessero più di quanto vogliamo ammettere. Forse perché erano costretti a usare la creatività e l’intelligenza in modo più integrale, senza l’aiuto della tecnologia.

Ma le città sotterranee non sono solo luoghi del passato. Alcune stanno nascendo proprio ora, in forme nuove. A Tokyo, a Montreal, a Singapore, esistono veri e propri quartieri ipogei contemporanei: centri commerciali, stazioni, uffici, perfino abitazioni progettate sotto il livello stradale. La motivazione è diversa: non è la fuga, ma la sostenibilità, la protezione climatica, l’ottimizzazione dello spazio urbano. È un ritorno al sottosuolo per motivi nuovi, ma con radici antiche. La verticalità invertita della città moderna non è solo una tendenza architettonica, è una nuova mentalità: quella di pensare lo spazio non più solo come estensione orizzontale, ma come profondità.

Ciò che affascina davvero delle città sotterranee è che non finiscono mai. Anche quelle esplorate, mappate, aperte al pubblico, conservano angoli non accessibili, passaggi ostruiti, aree non ancora comprese. Sono strutture vive, in continua evoluzione. E, proprio come la psiche umana, hanno livelli inconsci, parti rimosse, traumi e memorie. È interessante pensare che la città, nel suo complesso, sia una metafora dell’individuo: con la parte visibile, socialmente accettata, e quella nascosta, più vera, più cruda, a volte più poetica.

Entrare in una città sotterranea è come scendere dentro un mito. E ogni passo, ogni parete scavata, ogni simbolo inciso parla di storie che non sono state scritte nei libri, ma che esistono. Parlano di persone che hanno vissuto lì, nascosto lì, costruito lì la propria salvezza. Parlano del coraggio di scavare dove gli altri si fermavano. Di un’intelligenza pratica che diventa ingegno collettivo. Parlano anche di paura: paura della guerra, delle persecuzioni, dei disastri naturali. Ma è proprio da quella paura che nasce l’arte sotterranea. Un’arte fatta di solidità, di equilibrio, di silenzio.

E poi c’è la questione del tempo. Il sottosuolo conserva meglio. Umido, stabile, protetto dalla luce e dall’inquinamento, è un archivio naturale. In certi casi, addirittura un custode involontario di memorie proibite. E non è raro che un cantiere moderno si fermi perché ha incontrato una necropoli, una cisterna, una stanza dimenticata. Come se la terra, ogni tanto, ci ricordasse che non possiamo costruire sopra senza fare i conti con ciò che sta sotto. E che ogni progresso ha un debito con le profondità.

Le città sotterranee sono anche un invito a guardare diversamente la città visibile. A chiederci cosa c’è sotto i nostri piedi, ma anche sotto le nostre certezze. Sono luoghi da esplorare ma anche da rispettare. Perché scavare non è solo un atto fisico, ma un gesto culturale, spirituale, antropologico. Ed è forse per questo che il loro fascino non si esaurisce mai. Perché toccano qualcosa di primordiale. Perché ci ricordano che prima di costruire in alto, bisogna sapere quanto in basso si può andare.

 

Leggi anche ...

Giornata Mondiale senza auto
6 agosto 1945 - Hiroshima non fu solo una bomba, ma anche l'inizio della guerra fredda
AQUAPOL - Processi distributivi
Image
google review  spazio google review
rss  spazio telegram canale1
Image
logo S&P w
logo econsulting w
logo magazine
bancheefinanza
logo inicorbaf art
logo blotix
Borbone Napoli
Image

logo econsulting w spazio magazine logo footer spazio bancheefinanza spazio logo blotix

spazio spazio google review mini spazio google review mini spazio telegram canale1 spazio rss

 

Image

spazio logo econsulting w spazio magazine logo footer spazio bancheefinanza

logo blotix spazio spazio Borbone Napoli
telegram canale1


spazio

rss spazio google review mini spazio google review mini