Le anomalie e i vizi del contratto di c/c bancario

Le anomalie e i vizi del contratto di c/c bancario

Contratto di conto corrente bancario: quando le anomalie costano caro


Il contratto di conto corrente bancario è, da sempre, lo strumento più diffuso nella gestione della liquidità di famiglie e imprese. Apparentemente semplice e standardizzato, in realtà cela insidie tecniche e giuridiche che, se non attentamente monitorate, possono trasformarsi in vere e proprie anomalie contrattuali. Proprio queste anomalie, spesso camuffate sotto clausole di difficile interpretazione o frutto di prassi bancarie sedimentate, sono all’origine di un numero crescente di contenziosi tra correntisti e istituti di credito. Il problema non riguarda solo l’eventualità di un disguido o di un errore formale: riguarda, molto più profondamente, il rapporto di forza e trasparenza tra banca e cliente, soprattutto quando quest’ultimo non ha le competenze per decifrare il linguaggio tecnico o per opporsi a clausole abusive.

La principale criticità riguarda l’applicazione di interessi ultralegali, senza un’adeguata pattuizione scritta e specifica. Il principio della trasparenza contrattuale, sancito dal Testo Unico Bancario e ribadito dalla giurisprudenza, impone che ogni condizione economica sia espressamente accettata dal cliente. Eppure, non sono rari i casi in cui le banche applicano interessi oltre i limiti stabiliti, attraverso clausole generiche o riferimenti a tassi “usuali”, che non soddisfano i requisiti di determinatezza richiesti dalla legge. Ancora più insidiosa è la pratica dell’anatocismo, ovvero la capitalizzazione degli interessi passivi, spesso attuata in violazione delle norme che ne regolano la legittimità. Sebbene oggi vi sia una normativa più restrittiva, gli effetti di una lunga stagione di anatocismo sistematico continuano a produrre conseguenze dannose sui conti dei clienti.

Un altro tema ricorrente è l’indeterminatezza dei costi, come le commissioni di massimo scoperto, spesso applicate senza un effettivo superamento dell’affidamento o con criteri non previamente concordati. Le pronunce giurisprudenziali più attente hanno stabilito che anche questi oneri devono essere non solo giustificati, ma anche determinabili ex ante, altrimenti si ricade in una violazione dell’articolo 117 del T.U.B. e, più in generale, del principio di correttezza e buona fede contrattuale. In molte occasioni, inoltre, si riscontrano vizi formali nei contratti bancari, come la mancanza della forma scritta per le clausole che modificano unilateralmente i tassi o le condizioni, o la carenza di documentazione informativa idonea a garantire un consenso consapevole da parte del correntista.

La criticità si aggrava quando l’asimmetria informativa tra banca e cliente non viene colmata da un’adeguata assistenza, ma si accentua a svantaggio di quest’ultimo. Il risultato è un rapporto contrattuale squilibrato, in cui il cliente subisce effetti economici negativi senza avere reali strumenti di difesa, se non quello – spesso tardivo – del ricorso giudiziario. Proprio per questo è oggi fondamentale un approccio consapevole e critico al contratto di conto corrente, fin dalla sua sottoscrizione. L’assistenza di un professionista esperto non solo consente di individuare anomalie e vizi, ma rappresenta anche una tutela contro comportamenti scorretti che possono pregiudicare in modo significativo la salute finanziaria di un’impresa o di una famiglia.

Non va dimenticato che le banche, per la loro natura e funzione, sono soggetti sottoposti a specifici obblighi di trasparenza e correttezza. Laddove queste regole vengono violate, il cliente ha diritto di reagire, non solo per ottenere un ristoro economico, ma per affermare un principio essenziale: la legalità nei rapporti bancari non è un privilegio, ma un diritto. Ed è proprio in questo spazio di consapevolezza e difesa attiva che si gioca una partita cruciale per la fiducia nel sistema bancario e per la tutela del risparmio, valore costituzionalmente protetto.

 

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