"Mi piacciono le persone per le loro debolezze e difetti"

"Mi piacciono le persone per le loro debolezze e difetti" - Robert Doisneau

Robert Doisneau è stato un fotografo francese che ha saputo fare della strada il suo palcoscenico preferito, trasformandola in un teatro dove i sentimenti, gli sguardi e i piccoli episodi quotidiani si componevano in una commedia umana tenera e ironica. Nato a Gentilly, un sobborgo parigino, nel 1912, Doisneau si è sempre sentito figlio di quei quartieri popolari, tanto da dichiarare che le lezioni più importanti della sua vita non le aveva apprese nei banchi scolastici ma camminando fra le strade, osservando il brulicare dell’umanità nelle piazze, nei mercati, nei cortili rumorosi dei sobborghi operai.

E dire che aveva studiato litografia presso l’Ecole Etienne, preparandosi a un mestiere tecnico, forse più sicuro. Ma la passione per l’immagine lo conquistò presto, tanto che già nel 1929 iniziò a lavorare come assistente per il fotografo pubblicitario André Vigneau. Non fu un salto da poco: da quell’inizio apparentemente modesto Doisneau fece un percorso che lo avrebbe portato a diventare uno dei nomi più rappresentativi della street photography e, più in generale, della fotografia umanista del Novecento.

All’inizio degli anni ’30 fu assunto come fotografo industriale dalla Renault, incarico che gli permise di affinare la tecnica, ma che non gli tolse mai la voglia di tornare nei quartieri della sua infanzia, macchina fotografica alla mano, per immortalare scorci di vita vera. Fu in questo periodo che iniziò a vendere le proprie fotografie alle riviste, proprio mentre in Francia si diffondeva la grande stagione delle pubblicazioni illustrate. Quelle stesse immagini, a volte piene di un’ironia leggera, altre di un lirismo delicato, stavano già ponendo le basi per la sua poetica: un’arte della fotografia profondamente umanista, capace di raccontare senza retorica la gente comune.

Quando scoppiò la Seconda Guerra Mondiale, Doisneau interruppe momentaneamente la sua carriera di fotografo per unirsi alla Resistenza, mettendo a frutto le competenze di litografo per creare documenti falsi che permisero a molti di salvarsi. Questa parentesi eroica, vissuta senza clamore, parla di un uomo che aveva fatto della solidarietà un istinto naturale, lo stesso che lo spingeva a cercare nei volti altrui un riflesso della propria umanità. Finita la guerra, tornò a fotografare per la pubblicità e collaborò con riviste come Vogue, portando con sé quell’occhio allenato a cogliere la dignità nei dettagli minimi.

Nel 1949 pubblicò il suo primo libro, “La Banlieue de Paris”, un omaggio alle periferie della capitale francese, che sarebbe rimasto uno dei temi più cari della sua lunga carriera. Quel volume fu solo il primo di una lunga serie di raccolte dedicate a Parigi e ai suoi abitanti, una sorta di grande romanzo visivo dove la città diventa protagonista insieme ai personaggi che la popolano: gli innamorati appoggiati ai parapetti della Senna, i bambini che giocano spensierati, i clienti che escono dai bistrot col bicchiere in mano e un sorriso sornione.

Negli anni ’50 entrò a far parte del “Group XV”, un’associazione di fotografi che condividevano l’interesse per la ricerca tecnica e artistica nella fotografia. Fu il consolidamento di una carriera che da quel momento non avrebbe più conosciuto soste. Doisneau continuò a fotografare fino alla fine dei suoi giorni, regalando al mondo un archivio immenso di immagini che, con leggerezza e profondità, raccontano la “francesità” in tutte le sue sfumature.

Non si può infatti comprendere Doisneau senza capire quanto fosse legato a Parigi, alla sua luce, ai suoi caffè, ai viali alberati, alle viuzze dove il tempo sembra fermarsi. Lui stesso ha saputo cristallizzare nei suoi scatti tutti i miti e le icone della Ville Lumière, costruendo un mosaico che ha finito per identificarsi con l’immaginario stesso della città. Nessuno come lui ha saputo fissare in un’istantanea l’anima di Parigi: attraversandola dalla Senna alle zone operaie, ci ha restituito il ritratto di un luogo dove convivono romanticismo e fatica, sogno e durezza, bellezza e contraddizioni.

Il suo stile si riconosce subito: un uso sapiente del bianco e nero, un’attenzione meticolosa per la composizione ma senza mai perdere la spontaneità, e soprattutto uno sguardo pieno di tenerezza e compassione. Doisneau era un umanista nel senso più puro del termine, convinto che al centro di tutto dovesse esserci sempre l’uomo, con le sue emozioni, i suoi sorrisi improvvisi, i gesti quotidiani che diventano, sotto il suo obiettivo, poesia. Diceva: “Quello che io cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere.”

Il suo approccio era insieme poetico e ironico, capace di mettere in scena situazioni che sembrano uscite da un racconto. In molti scatti traspare un sottile gusto anti-establishment, come se Doisneau volesse sempre strizzare l’occhio a chi, pur vivendo nella normalità, sa conservare un pizzico di anticonformismo. Celebri sono i suoi ritratti di bambini che si tuffano nei canali, di operai che si prendono una pausa e si godono il sole, di donne che si aggiustano la calza per strada, ignare o forse compiaciute dello sguardo del fotografo.

Il suo modo di lavorare era, come lui stesso raccontò, profondamente impulsivo. Non pianificava lunghe sessioni: “Mi sveglio un mattino con una straordinaria voglia di vedere, di vivere. Allora devo andare. Ma non troppo lontano, perché se si lascia passare del tempo l'entusiasmo, il bisogno, la voglia di fare svaniscono. Non credo che si possa vedere intensamente più di due ore al giorno”. Era un pescatore di immagini, come amava definirsi, pronto a gettare l’amo dove c’era più fermento, più vita, più verità.

0154Fra i suoi lavori più affascinanti c’è la serie realizzata nel 1948, quando decise di sperimentare un piccolo gioco psicologico con l’aiuto del suo amico antiquario Romi. Siamo in Rue sur Seine, a Parigi, nella Galerie Romi. Doisneau sistemò nella vetrina del negozio un quadro raffigurante una donna nuda, di spalle, un soggetto piuttosto audace per l’epoca. Poi si nascose all’interno del negozio, con la sua macchina fotografica ben celata dietro una sedia. Da lì, iniziò a fotografare di nascosto i passanti che si fermavano incuriositi o imbarazzati davanti alla vetrina. Era un piccolo esperimento sociologico oltre che artistico: osservare come le persone reagivano a quell’immagine seducente, chi mostrava curiosità, chi si affrettava a distogliere lo sguardo fingendo indifferenza, chi si lasciava andare a un sorriso complice.

Il risultato fu la celebre serie “Le regard oblique”, letteralmente lo sguardo di sbieco, perché tutti, in un modo o nell’altro, lanciavano un’occhiata obliqua al dipinto, rivelando più di quanto volessero. Doisneau ci restituisce così un catalogo magnifico di espressioni umane, che oscillano fra malizia e pudore, fra divertimento e sorpresa. Un’opera che anticipa, con una grazia tutta francese, le dinamiche delle moderne candid camera, ma senza mai cadere nella volgarità. In queste foto c’è tutta la sua capacità di osservare il mondo con occhio lieve e insieme acuto.

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Il suo scatto più celebre rimane senza dubbio “Le Baiser de l’Hôtel de Ville”, il bacio davanti al municipio, immortalato nel 1950 mentre stava realizzando un servizio per la rivista americana Life. La foto ritrae una giovane coppia che si bacia appassionatamente fra i passanti indaffarati, i taxi, il traffico di Parigi. Quell’immagine, che negli anni è diventata un’icona dell’amore romantico, fu al centro di un curioso caso giudiziario. All’inizio degli anni ’90, una coppia francese si presentò a una trasmissione televisiva sostenendo di essere i protagonisti dello scatto e di non aver mai autorizzato l’uso della propria immagine. Doisneau fu costretto a rivelare che in realtà i due giovani del bacio erano modelli ingaggiati proprio per quell’occasione e che quindi la loro presenza era stata pienamente concordata. Alla fine fu un’altra donna, Françoise Bornet, a dimostrare di essere la vera protagonista della fotografia, mostrando la copia autografata da Doisneau. Nel 2005, quella stessa copia fu battuta all’asta per 155.000 euro, testimoniando quanto quel bacio continuasse a esercitare un fascino intramontabile.

0155Ma ridurre Doisneau a quell’unico scatto sarebbe ingeneroso. Il suo archivio è sterminato e attraversa decenni di vita francese, catturando mutamenti sociali, mode, sogni collettivi e piccole tragedie personali. La sua forza sta nell’aver saputo fare del quotidiano un racconto universale, dove ciascuno di noi può ritrovare un frammento di sé. Questo perché Doisneau guardava gli altri con una partecipazione sincera, non si poneva mai in posizione di superiorità. Era un curioso appassionato dell’umanità, ma anche un discreto, che sapeva arretrare quando intuiva che non c’era spazio per l’obiettivo.

Nel 2014, la casa editrice Taschen ha pubblicato una monumentale monografia a lui dedicata, curata dal suo amico Jean-Claude Gautrand, che raccoglie oltre 400 fotografie. È il volume più completo mai uscito sul suo lavoro e rappresenta un viaggio entusiasmante nella sua opera, una sorta di summa visiva che permette di apprezzare la varietà dei suoi temi, dalle stradine di Montmartre ai bistrot fumosi, dai mercati popolari agli atelier di moda, passando per innumerevoli ritratti di bambini, sempre colti con quella delicatezza che trasformava ogni scatto in una carezza.

 

0154Robert Doisneau ci ha lasciato nel 1994, ma il suo sguardo continua a vivere nei milioni di occhi che ogni giorno si posano sulle sue fotografie. Quelle immagini ci parlano ancora oggi perché contengono una verità semplice e profonda: la bellezza si trova ovunque, basta saperla vedere. Il suo messaggio è un invito a guardare il mondo con un po’ più di tenerezza, a non perdere mai la capacità di sorprenderci, a cercare nei volti degli altri un riflesso di noi stessi. E se è vero che la fotografia è anche una forma di autobiografia, allora l’opera di Doisneau ci racconta molto del suo autore: un uomo che non si è mai stancato di cercare la bontà, la dolcezza e l’ironia della vita, anche quando si presentavano nascoste dietro un sorriso obliquo.

 

 

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