L’asino di Buridano e il coraggio di scegliere

L’asino di Buridano e il coraggio di scegliere

Nella storia della filosofia ci sono idee che sopravvivono al tempo non perché offrono risposte, ma perché pongono domande che continuano a metterci alla prova. Una di queste è il cosiddetto “asino di Buridano”, un paradosso diventato famoso perché ci costringe a riflettere su cosa significhi davvero scegliere. L’immagine è semplice: un asino affamato si trova esattamente tra due mucchi di fieno, identici per quantità, qualità e distanza. Non avendo nessun motivo per preferire uno dei due, rimane fermo a metà strada, incapace di decidere, e alla fine muore di fame. Assurdo? Sì. Ma anche estremamente provocatorio.

Anche se è stato attribuito al filosofo medievale Giovanni Buridano, in realtà lui non parlò mai di un asino. L’animale fu aggiunto in un secondo momento, forse per rendere più accessibile l’argomento. Ma il senso dell’esperimento mentale rimane lo stesso: cosa succede se ci troviamo davanti a due opzioni perfettamente equivalenti e non riusciamo a scegliere? Cosa accade alla nostra volontà quando non abbiamo una ragione che ci spinga da una parte o dall’altra?

Buridano credeva che la volontà umana fosse strettamente legata alla ragione: scegliamo ciò che ci sembra più giusto o più utile, sulla base di un giudizio razionale. Ma se le due alternative sono uguali, se nessuna delle due risulta migliore dell’altra, allora la volontà si blocca. In altre parole, non siamo capaci di decidere perché la ragione non ci aiuta, e la volontà da sola non si muove. L’asino resta fermo.

Questo paradosso mette in crisi l’idea che basti la ragione per guidare le nostre azioni. Se davvero fossimo esseri puramente razionali, potremmo cadere anche noi nella stessa trappola dell’asino. Ma la realtà è che gli esseri umani, anche di fronte a due opzioni uguali, prima o poi decidono. A volte in modo istintivo, altre volte in base a emozioni, abitudini o piccoli dettagli che razionalmente sembrerebbero irrilevanti. E questo ci dice qualcosa di importante: forse non siamo fatti solo di logica, e forse la libertà non è solo capacità di calcolo, ma anche slancio, intuizione, persino coraggio.

C’è poi un altro aspetto che rende questo paradosso così affascinante: il tema del libero arbitrio. Se la nostra volontà dipende completamente dalla ragione, allora siamo liberi solo quando la ragione ci dà una spinta chiara. Ma se la ragione non ci guida e restiamo fermi, allora la libertà sembra svanire. Eppure, la vera libertà potrebbe proprio manifestarsi nel momento in cui agiamo anche senza un motivo strettamente razionale. Come se scegliessimo non perché dobbiamo, ma perché possiamo.

Nel tempo, molti filosofi hanno cercato di rispondere a questo dilemma. Alcuni hanno detto che in realtà nella vita reale ci sono sempre delle piccole differenze tra le opzioni, anche se non ce ne rendiamo conto. Altri hanno sostenuto che l’essere umano possiede qualcosa che va oltre la pura logica: un impulso a scegliere, a muoversi, a non restare bloccato nell’indecisione.

Oggi l’esempio dell’asino di Buridano viene usato anche fuori dalla filosofia: in psicologia per spiegare la paralisi da eccesso di opzioni, in economia per descrivere l’incertezza nei processi decisionali, in politica quando nessuna scelta sembra davvero giusta. Ma in fondo, continua a parlarci di una cosa molto semplice e molto umana: la fatica di decidere.

Eppure, nonostante tutto, scegliamo. Ogni giorno. Anche quando non sappiamo se stiamo facendo la cosa giusta. Anche quando le alternative sembrano equivalenti. Forse è proprio in questi momenti che siamo veramente liberi: quando, senza una ragione perfetta, decidiamo comunque. Quando rompiamo l’equilibrio e andiamo avanti.

In definitiva, l’asino di Buridano è meno stupido di quanto sembri. È un simbolo, uno specchio, una domanda ancora aperta. Non ci chiede solo “perché scegli?”, ma anche “chi sei quando scegli?”. E forse, la risposta, non è nella logica, ma nella nostra capacità di accettare il rischio del vivere.

 

jean buridan

Jean Buridan (Giovanni Buridano) è stato un importante filosofo e logico francese del XIV secolo, nato probabilmente intorno al 1300 a Béthune, nella regione dell’Artois (oggi Francia settentrionale), e attivo soprattutto all’Università di Parigi, uno dei più influenti centri del pensiero scolastico medievale. Morì intorno al 1358-1361.
Buridano fu allievo di Guglielmo di Ockham, ma si distinse per un pensiero originale, fortemente incentrato sulla razionalità, sull’autonomia della filosofia rispetto alla teologia, e sul rigore logico nell’analisi dei concetti. È spesso considerato una figura di transizione tra la Scolastica medievale e il pensiero proto-umanista, e in qualche misura anticipò alcuni sviluppi del pensiero moderno.
Uno dei suoi contributi più significativi è nella teoria del movimento: contestò la concezione aristotelica secondo cui un corpo si muove solo se continuamente spinto, introducendo la nozione di impetus (una sorta di principio interno al movimento), anticipando per certi aspetti la futura nozione di inerzia sviluppata secoli dopo da Galileo e Newton.

È noto anche per i suoi lavori di logica e metafisica, in particolare per l’interpretazione razionale dell’agire umano. Sosteneva che la volontà segue la ragione, ovvero che l’essere umano agisce quando la ragione giudica una scelta migliore di un’altra. Ed è proprio da qui che nasce il celebre paradosso dell’asino, che – pur non essendo mai stato esposto da lui in questi termini – viene tradizionalmente collegato alla sua concezione della volontà razionale.
Buridano fu anche rettore dell’Università di Parigi e scrisse numerosi commentari alle opere di Aristotele, contribuendo a mantenere viva la tradizione aristotelica pur introducendo elementi innovativi.
Un tratto distintivo del suo pensiero fu proprio l’insistenza sulla razionalità autonoma, svincolata dalla necessità di ricondurre ogni discorso filosofico alla fede. In questo senso, fu un precursore del laicismo del sapere, e in una certa misura aprì la strada al metodo scientifico.

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