La filosofia dell’economia è una branca affascinante e spesso sottovalutata della riflessione economica. In un’epoca in cui le crisi si susseguono, i mercati cambiano volto in modo repentino e le decisioni politiche hanno impatti globali, fermarsi a riflettere su come e perché costruiamo i modelli economici diventa non solo utile, ma necessario. È questa la missione della filosofia dell’economia: un’indagine sul senso profondo delle teorie economiche, sulla loro validità epistemologica, sulla coerenza interna dei modelli, e sul rapporto tra realtà e astrazione.
Un economista, quando formula un modello, sa perfettamente che sta lavorando in uno spazio intermedio tra verità empirica e astrazione teorica. Nessun modello pretende di rappresentare la realtà nella sua totalità: al contrario, l’irrealismo metodologico è spesso la chiave per cogliere aspetti nascosti, relazioni causali profonde e meccanismi che non sarebbero osservabili nella confusione del mondo reale. Questo è il punto di partenza della riflessione filosofica: comprendere che l’efficacia di una teoria non dipende dalla sua capacità di descrivere tutto, ma dalla sua utilità nel farci capire, prevedere e governare ciò che ci interessa.
Molti critici esterni all’economia si stupiscono di come modelli dichiaratamente “irrealistici” vengano presi sul serio. Ma in verità, l’irrealismo controllato è parte integrante di ogni disciplina scientifica. Quando un fisico studia il moto di un oggetto ignorando l’attrito, non sta negando che l’attrito esista. Sta semplicemente costruendo un modello semplificato per isolare certi effetti e comprenderli meglio. L’economia fa lo stesso: semplifica, astrae, idealizza, ma sempre con uno scopo preciso. E questo scopo è strumentale alla comprensione delle relazioni causali tra le variabili economiche.
La filosofia dell’economia si interroga dunque su domande fondamentali. Cosa significa “spiegare” un fenomeno economico? Quando possiamo dire che un modello è valido? Cosa distingue un modello utile da uno fuorviante? Quali sono i limiti epistemici dell’economia? In che misura è possibile parlare di “verità” nelle scienze economiche? In queste domande si gioca la posta in palio: la possibilità di coniugare rigore teorico e impatto pratico, previsione e decisione, pensiero e azione.
Un concetto chiave in questo campo è quello di realismo scientifico, che nell’economia assume una forma peculiare. A differenza delle scienze naturali, l’economia ha a che fare con sistemi aperti, dinamici e riflessivi, dove i soggetti osservati possono modificare il loro comportamento in base alle previsioni stesse. Questo fenomeno, noto come problema dell’effetto riflessivo, rende ancora più complesso il compito dell’economista. La filosofia dell’economia aiuta a mappare questa complessità, a capire dove finisce l’analisi oggettiva e dove inizia l’interpretazione, il giudizio di valore, la componente normativa.
Altro tema cruciale è la funzione normativa dei modelli: non si tratta solo di capire “come stanno le cose”, ma anche di suggerire “come dovrebbero andare”. Qui entra in gioco la distinzione tra economia positiva ed economia normativa, tanto cara alla tradizione filosofica, ma spesso trascurata nei dibattiti pubblici. La filosofia dell’economia ci ricorda che ogni modello è costruito su ipotesi implicite, su visioni del mondo che orientano le conclusioni. Non esiste una neutralità pura: persino l’idea di efficienza o razionalità economica è carica di implicazioni filosofiche, antropologiche, perfino etiche.
Non meno importante è il confronto tra modelli deduttivi e modelli induttivi, tra approcci formali e approcci empirici, tra la matematizzazione dell’economia e la sua apertura a discipline vicine, come la psicologia comportamentale, la sociologia economica, la storia delle istituzioni. In questo senso, la filosofia dell’economia si presenta anche come una scienza del confine, capace di mettere in dialogo mondi diversi e di riflettere sui metodi più adeguati per comprendere il cambiamento.
Il filosofo dell’economia non è quindi un tecnico, né un semplice critico esterno: è un esploratore del senso, che si muove tra i modelli e la realtà per capire come il pensiero economico costruisce il mondo che abitiamo. In un tempo in cui le decisioni economiche impattano la vita di miliardi di persone, spesso in modo invisibile ma profondo, interrogarsi su questi strumenti diventa un atto di responsabilità civile, oltre che intellettuale.