Giornata Mondiale della Migrazione dei Pesci: perché la celebriamo e perché ci riguarda tutti
Ogni anno il 21 maggio si celebra la Giornata Mondiale della Migrazione dei Pesci, un appuntamento che a prima vista potrebbe sembrare di nicchia, quasi estraneo alla nostra quotidianità, eppure tocca da vicino molti aspetti fondamentali della vita dell’uomo e del pianeta. Questa ricorrenza è promossa a livello globale dalla World Fish Migration Foundation, un’organizzazione impegnata a ricordarci quanto sia importante tutelare la salute dei fiumi e delle specie che li popolano, in particolare quei pesci che, per ragioni di sopravvivenza e riproduzione, devono affrontare lunghi viaggi migratori. Sono creature che, spinte da un istinto antico e implacabile, risalgono correnti o si avventurano verso il mare aperto, in uno spettacolo naturale che da millenni si ripete con precisione, sfidando ostacoli naturali e, sempre più spesso, quelli artificiali costruiti dall’uomo.
Ma cosa si intende esattamente per pesci migratori? Si tratta di pesci che nuotano su brevi o lunghe distanze per completare il loro ciclo di vita, che sia per nutrirsi o per deporre le uova. Alcune specie lo fanno ogni giorno, altre una volta l’anno o perfino una volta nella vita. I più noti sono sicuramente i salmoni, che nascono nei corsi d’acqua dolce e, dopo anni trascorsi in mare, tornano nel medesimo fiume natio per riprodursi. In senso opposto agiscono le anguille, che percorrono migliaia di chilometri dal fiume in cui hanno vissuto per anni fino a misteriosi luoghi di deposizione nell’oceano, come il Mar dei Sargassi. Esistono poi squali come i bullsharks che passano dai fiumi al mare per alimentarsi o riprodursi. Il risultato è un incredibile intreccio di rotte migratorie che collega ecosistemi tra loro lontanissimi.
Questi spostamenti non sono soltanto un fatto di biologia o curiosità naturalistica: i pesci migratori giocano un ruolo determinante nel mantenere i fiumi sani e produttivi. Attraverso il loro andare e venire, trasportano nutrienti preziosi, favoriscono la biodiversità e mantengono l’equilibrio degli ecosistemi acquatici e delle sponde. Senza di loro, intere catene alimentari crollerebbero, con conseguenze non solo per altre specie animali ma anche per le popolazioni umane che dipendono dalla pesca per nutrirsi o lavorare.
Purtroppo la sopravvivenza di molte di queste specie è seriamente minacciata. La principale causa è riconducibile alle barriere artificiali costruite lungo i corsi d’acqua: dighe, chiuse, sbarramenti che interrompono il flusso naturale dei fiumi e impediscono ai pesci di proseguire nel loro viaggio. Un salmone che si imbatte in una diga non può saltarla come farebbe con una semplice rapida o un tronco caduto; resta bloccato, spesso muore senza raggiungere il luogo di deposizione delle uova, interrompendo un ciclo millenario. Si calcola che oggi nel mondo ci siano oltre un milione di barriere fluviali, molte delle quali obsolete, costruite decenni fa e che non servono più a nulla, ma continuano a fare danni incalcolabili agli ecosistemi.
Oltre alle barriere, pesano altre minacce: l’inquinamento, che altera chimicamente e biologicamente le acque rendendole inadatte alla vita; i prelievi idrici eccessivi per l’agricoltura e l’industria che abbassano il livello dei fiumi; il cambiamento climatico, che porta siccità o al contrario inondazioni improvvise, modificando drasticamente le portate e la temperatura dell’acqua. Tutti questi fattori si sommano e contribuiscono a mettere a rischio la sopravvivenza di molte specie migratrici. Alcuni studi stimano che oltre il 70% delle popolazioni di pesci migratori d’acqua dolce sia diminuito negli ultimi 50 anni. Una vera emergenza globale che dovrebbe preoccupare ognuno di noi.
Non si tratta solo di una questione ecologica o di amore per la natura. I pesci migratori costituiscono un anello cruciale anche per l’economia e la cultura di milioni di persone nel mondo. Pensiamo alle comunità che vivono di pesca fluviale o costiera, che ogni anno attendono il ritorno delle migrazioni per poter vendere il pescato, nutrire le proprie famiglie, finanziare tradizioni artigianali e rituali legati alla pesca. Senza questi pesci, crollerebbero intere microeconomie locali, si perderebbero saperi e feste popolari, si svuoterebbero villaggi. E pensiamo alla nostra alimentazione: tante specie migratrici finiscono direttamente sulle nostre tavole. Proteggerle significa proteggere anche la nostra sicurezza alimentare.
Ecco perché la Giornata Mondiale della Migrazione dei Pesci è così importante. Serve a sensibilizzare l’opinione pubblica su un problema che troppo spesso passa sotto silenzio, offuscato da questioni più vistose. Serve a richiamare governi, ONG, aziende idroelettriche e agricole a impegnarsi concretamente per trovare soluzioni sostenibili. Questo significa, ad esempio, progettare passaggi per pesci accanto alle dighe, che consentano loro di superare gli ostacoli artificiali e proseguire verso i siti di riproduzione. Significa investire nel ripristino degli habitat fluviali, rimuovere vecchie barriere inutili, controllare l’uso dei pesticidi e dei fertilizzanti che finiscono nei corsi d’acqua, adottare politiche che tengano conto non solo dell’acqua come risorsa economica ma come sistema vivente.
Questa giornata mondiale ha anche un aspetto educativo molto forte. Le scuole, le associazioni, i centri di ricerca organizzano eventi, passeggiate guidate, laboratori per bambini, conferenze e pulizie delle sponde. Si invita chiunque a partecipare, fosse anche solo con un piccolo gesto simbolico, come fare una foto di un fiume pulito e condividerla sui social con un messaggio di consapevolezza. O semplicemente raccontare a qualcun altro perché è importante lasciare i corsi d’acqua liberi, non gettare rifiuti, rispettare la fauna ittica.
Anche la dimensione più contemplativa di questa giornata è preziosa. Fermarsi sul ponte di un fiume a osservare la corrente, ascoltare il rumore dell’acqua, vedere se per caso affiora qualche pinna: è un modo per riconnetterci a un ciclo vitale più grande di noi. Per capire che i fiumi non sono solo rigagnoli che scorrono a valle portando via piogge e detriti, ma vere e proprie arterie del pianeta, che distribuiscono vita, alimentano foreste e campi, mantengono freschi gli ecosistemi, e che grazie ai pesci migratori tengono in movimento nutrienti, semi, persino storie e leggende.
In fondo, parlare di pesci migratori significa parlare di futuro. Se continuiamo a frammentare i fiumi, a sporcarli e prosciugarli, perdiamo pezzi fondamentali del delicato mosaico che tiene insieme il nostro mondo. Significa rischiare di consegnare ai nostri figli paesaggi impoveriti, dove le acque scorrono morte e silenziose, senza più il guizzo improvviso di un branco di salmoni che risale la corrente. Al contrario, proteggere questi pesci, i loro viaggi e i loro rituali millenari vuol dire garantire un domani più sano, più ricco di vita, più degno di essere vissuto.
La Giornata Mondiale della Migrazione dei Pesci è quindi una chiamata alla responsabilità e alla speranza. Ci invita a fare scelte più sagge, a rispettare l’ambiente, a pretendere politiche pubbliche che mettano al centro non solo lo sfruttamento delle risorse idriche ma anche la loro conservazione. E ci ricorda che in questo enorme teatro naturale, anche un piccolo pesce che nuota ostinato controcorrente ha un ruolo, un valore, un diritto a esistere.