La Giornata Mondiale della Fauna Selvatica, che si celebra ogni anno il 3 marzo, è molto più di una semplice ricorrenza inserita in calendario dalle Nazioni Unite: è un invito accorato a riscoprire il nostro legame con la natura e a riconoscere quanto la sopravvivenza delle specie selvatiche sia strettamente intrecciata al nostro stesso destino. È stata istituita ufficialmente nel 2013, quando l’Assemblea Generale dell’ONU, durante la sua 68ª sessione, ha proclamato questo giorno per commemorare la firma della Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie di Flora e Fauna Selvatiche Minacciate di Estinzione, meglio nota come CITES, avvenuta proprio il 3 marzo del 1973. Da allora, la giornata è diventata il più importante evento annuale su scala mondiale dedicato alla fauna selvatica.
Dietro questa data c’è un concetto fondamentale che troppo spesso ignoriamo o sottovalutiamo: la biodiversità non è un lusso estetico o un vezzo ecologico per amanti del trekking e delle fotografie naturalistiche, ma un pilastro invisibile che regge la nostra civiltà. Senza la fauna selvatica, interi ecosistemi collasserebbero. La catena alimentare perderebbe i suoi equilibri e noi stessi finiremmo per pagarne le conseguenze, in termini di approvvigionamenti, salute pubblica e stabilità climatica. Quando si parla di estinzione delle specie, non si parla solo di tigri o di rinoceronti che svaniscono in un silenzio struggente, ma di una serie di reazioni a catena che possono compromettere la fertilità del suolo, la disponibilità di acqua pulita, la regolazione dei parassiti e persino la diffusione di nuove malattie.
Eppure, a livello individuale, è normale sentirsi impotenti davanti alla vastità dei problemi che la fauna selvatica affronta: cambiamenti climatici, deforestazione, bracconaggio, commercio illegale, inquinamento plastico, perdita degli habitat. Sono sfide enormi e interconnesse, che richiedono strategie politiche, economiche e scientifiche di alto livello. Ma questo non significa che le singole persone non possano fare nulla. Al contrario: la somma delle piccole scelte quotidiane di ognuno può diventare l’ago della bilancia tra la sopravvivenza e l’estinzione di molte specie.
Pensiamo a quanto incide, ad esempio, la domanda globale di legname pregiato o di soia e olio di palma coltivati in aree disboscate illegalmente. Ogni volta che scegliamo prodotti certificati, contribuiamo a sottrarre terreno al commercio distruttivo. Pensiamo poi alla plastica: i nostri mari sono pieni di microplastiche che uccidono tartarughe, balene e pesci. Ridurre il consumo di plastica monouso e riciclare in modo corretto non è banale; è un gesto politico e salvavita per milioni di creature marine. Anche scegliere un turismo responsabile, evitare souvenir fatti con parti di animali selvatici, sostenere con donazioni le organizzazioni che si battono contro il bracconaggio sono tutti piccoli semi che germogliano in un grande cambiamento collettivo.
Proprio per questo, la Giornata Mondiale della Fauna Selvatica ha una forte componente educativa e simbolica: ci ricorda che il nostro pianeta è un patrimonio condiviso, che non possiamo sfruttare senza limiti senza pagare un prezzo altissimo. Durante questa giornata, in tutto il mondo si organizzano eventi che vanno dalle maratone alle mostre fotografiche, dai concorsi scolastici ai talk show, dai raduni con cartelloni colorati a campagne di sensibilizzazione sui social media. È una celebrazione che ha mille volti: può svolgersi nelle scuole, nelle università, nei musei di scienze naturali, negli zoo e nei parchi, ma anche nelle strade delle nostre città, dove gruppi di volontari inscenano spettacoli e performance per accendere l’attenzione del pubblico.
Una delle iniziative più belle è il riconoscimento ai ranger e alle forze dell’ordine che ogni giorno rischiano la vita per difendere gli animali dai bracconieri e dai trafficanti. In molte parti dell’Africa e dell’Asia, essere un ranger significa affrontare bande armate, percorrere a piedi chilometri di riserve naturali sotto il sole cocente o nel fango delle foreste, dormire all’aperto per settimane. È un lavoro eroico che merita la nostra stima e il nostro sostegno.
C’è poi la dimensione locale: molti gruppi utilizzano questa giornata per lanciare nuove campagne specifiche su problemi che riguardano le specie del territorio. Si promuovono raccolte firme contro la caccia illegale o contro progetti edilizi che minacciano aree protette; si organizzano pulizie di spiagge e parchi; si sensibilizzano le famiglie sui vantaggi di piantare alberi autoctoni che offrono rifugio e nutrimento alla fauna. E non mancano i concorsi artistici e letterari, in cui bambini e ragazzi esprimono, attraverso disegni e racconti, il loro amore per la natura.
Un ruolo cruciale lo giocano anche gli zoo, gli acquari e i giardini botanici, spesso aderenti alla World Association of Zoo and Aquariums (WAZA). In occasione della Giornata Mondiale della Fauna Selvatica, molte di queste strutture propongono visite guidate a tema, laboratori didattici e ingressi a offerta libera, destinando poi i fondi raccolti a progetti di conservazione. È un modo pratico per avvicinare le famiglie al tema della biodiversità, mostrando quanto fragile e meraviglioso sia il filo che lega tutte le specie viventi.
Il messaggio centrale resta però uno: ognuno di noi può fare la differenza. Informarsi, condividere contenuti sui social, partecipare a una raccolta fondi o semplicemente parlare con amici e parenti dei pericoli che corre la fauna selvatica sono azioni che hanno un valore enorme. Quando migliaia o milioni di persone agiscono insieme, l’impatto diventa travolgente. Perché la crisi della biodiversità è una battaglia di consapevolezza: finché rimane confinata nelle statistiche delle ONG o nei documentari di National Geographic, resta un problema astratto. Ma quando entra nelle nostre case, nei nostri acquisti, nelle nostre scelte di viaggio, allora diventa reale e inizia davvero a cambiare il mondo.
In un’epoca in cui il cambiamento climatico amplifica ogni minaccia, la difesa della fauna selvatica diventa ancora più urgente. Scioglimento dei ghiacciai, incendi devastanti, siccità prolungate e uragani sempre più violenti stanno distruggendo habitat a una velocità impressionante. Gli animali non hanno la nostra capacità di costruire rifugi artificiali o di migrare in massa con voli low cost. Restano intrappolati in ecosistemi che si trasformano troppo in fretta. Ogni nostra scelta che riduce l’impronta di carbonio, ogni politica che promuove le energie rinnovabili, ogni sforzo per proteggere le foreste tropicali e le barriere coralline è anche un atto di amore verso loro.
Ecco perché, il 3 marzo, è importante fermarsi un attimo e riflettere. Magari partecipare a una delle tante attività organizzate nella propria città o anche solo guardare un documentario con i propri figli, spiegando loro perché è fondamentale tutelare il futuro degli elefanti, dei lupi, dei panda e degli squali. Perché non si tratta solo di “salvare gli animali”: si tratta di salvare noi stessi.