La corsa ai tassi d’interesse rivoluziona l’economia con vincitori e sconfitti

La corsa ai tassi d’interesse rivoluziona l’economia con vincitori e sconfitti

La corsa ai tassi d’interesse: chi vince e chi perde?

Dopo anni di tassi bassissimi, il mondo si trova improvvisamente a fare i conti con un mutato scenario. Le banche centrali, preoccupate dall’inflazione che ha rialzato la testa con forza dopo la pandemia e gli shock energetici, hanno avviato un deciso rialzo dei tassi d’interesse. Si tratta di una svolta epocale, perché per oltre un decennio il denaro è stato sostanzialmente a costo zero: famiglie, imprese e stati hanno preso abitudine a finanziare consumi, investimenti e spesa pubblica con la leva del debito facile. Oggi, invece, il contesto è radicalmente cambiato e pone interrogativi cruciali: chi guadagna davvero da questa stretta monetaria? Chi invece rischia di pagare il prezzo più alto?

Per capire come si ridisegnano gli equilibri, bisogna partire dal perché le banche centrali hanno alzato i tassi. L’obiettivo principale è domare l’inflazione, che in Europa ha toccato punte del 10% e negli Stati Uniti ha superato più volte il 7-8%. Il denaro più caro serve a raffreddare la domanda, ridurre i consumi e gli investimenti e così riportare sotto controllo la corsa dei prezzi. Ma questa medicina ha effetti collaterali pesanti: chi si è indebitato negli anni dei tassi a zero ora si trova a dover sostenere costi molto più elevati per ripagare mutui e prestiti. E qui emerge subito la prima distinzione tra chi vince e chi perde.

I vincitori di questo scenario sono innanzitutto i risparmiatori, o perlomeno quelli che hanno la liquidità investita in strumenti che beneficiano dei tassi più alti, come i conti deposito o le obbligazioni di nuova emissione. Dopo anni in cui il rendimento sui depositi bancari era prossimo allo zero, oggi anche le famiglie possono tornare a vedere qualche interesse sul capitale parcheggiato in banca. Inoltre le nuove emissioni di titoli di stato offrono rendimenti ben più generosi, con i BTP italiani sopra il 4% o i Treasury americani che hanno superato il 5% nelle scadenze brevi. Un guadagno importante, che tutela il potere d’acquisto dall’inflazione e consente di costruire un portafoglio più redditizio.

Ma bisogna fare attenzione: non tutti i risparmiatori sono vincitori. Chi aveva sottoscritto obbligazioni a tasso fisso negli anni scorsi oggi vede il valore di mercato di quei titoli ridursi, perché i nuovi bond offrono cedole più alte e quindi i vecchi titoli perdono appeal e quotano sotto la pari. Chi ha bisogno di liquidità e deve vendere prima della scadenza si ritrova con una minusvalenza. In questo senso il rialzo dei tassi penalizza chi ha investito in obbligazioni lunghe quando i rendimenti erano ai minimi.

I grandi sconfitti di questa fase, però, sono soprattutto le famiglie e le imprese fortemente indebitate. Per i mutui a tasso variabile le rate sono salite in modo vertiginoso: in Italia si stimano aumenti superiori ai 200 euro al mese per un mutuo medio, ma nei paesi dove i mutui a tasso variabile sono la norma l’impatto è stato ancora più devastante. Le imprese che hanno fatto ricorso a finanziamenti bancari vedono i propri margini schiacciati dai maggiori costi del debito, e questo rischia di frenare la propensione a investire, con conseguenze sull’occupazione e sulla crescita economica.

Anche gli stati sono sotto pressione. Dopo anni di debito a costo ridotto, ora i governi devono rifinanziare quote crescenti di titoli a tassi molto più elevati. Questo significa che una quota crescente del bilancio statale va a coprire la spesa per interessi, lasciando meno risorse per welfare, sanità, istruzione e investimenti. L’Italia è un caso emblematico: con un debito pubblico oltre il 140% del PIL, ogni rialzo dello spread o dei rendimenti obbligazionari ha un impatto diretto sulle casse dello Stato. Ma il problema riguarda tutta l’Europa e gli Stati Uniti, dove il debito federale ha raggiunto livelli record.

Paradossalmente, in questo scenario ci sono anche attori che beneficiano dei tassi alti pur non essendo i classici risparmiatori. Sono le banche, che tornano a guadagnare margini di interesse più elevati: il differenziale tra quanto pagano sui depositi e quanto incassano dai prestiti si è allargato sensibilmente, restituendo ossigeno ai bilanci dopo anni di compressione dei profitti. Tuttavia questo vantaggio può essere di breve durata: se i tassi restano alti troppo a lungo, aumenta il rischio di insolvenze da parte di famiglie e imprese, il che potrebbe tradursi in un deterioramento del credito e costringere le banche a maggiori accantonamenti.

Un altro segmento che trae vantaggio è quello delle compagnie di assicurazione vita, che possono reinvestire i premi incassati in titoli di stato con rendimenti più interessanti, migliorando così la loro redditività futura. Ma anche qui l’effetto è composito: i portafogli già in essere, se caricati di obbligazioni a basso rendimento, subiscono perdite in conto capitale quando i tassi salgono.

La geopolitica aggiunge ulteriori elementi di complessità. Stati Uniti e Unione Europea hanno alzato i tassi con forza, mentre la Cina è rimasta su una politica monetaria accomodante per sostenere un’economia in affanno. Questo ha portato a un rafforzamento del dollaro che penalizza i paesi emergenti indebitati in valuta americana, costretti a rimborsare debiti sempre più costosi. L’America Latina, l’Africa e l’Asia meridionale vivono dunque un aggravamento della vulnerabilità finanziaria, con il rischio di crisi del debito sovrano che potrebbe avere ripercussioni globali.

Alla domanda iniziale — chi vince e chi perde? — la risposta è quindi meno scontata di quanto sembri. Vincono i risparmiatori se riescono a muoversi con attenzione, a ribilanciare i portafogli e a cogliere le nuove opportunità offerte dai tassi più alti. Vincono le banche e le assicurazioni, ma solo se il quadro macroeconomico non degenera. Perdono le famiglie indebitate, le imprese che devono rifinanziare il proprio debito e gli stati con bilanci già fragili.

Ma alla lunga potrebbe perdere l’economia globale nel suo complesso, se la stretta monetaria dovesse rivelarsi troppo severa e trascinare le economie in recessione. La storia economica insegna che i cicli di rialzo dei tassi sono strumenti contundenti: servono a fermare l’inflazione, ma rischiano di fare danni collaterali non trascurabili. Nel frattempo, cresce il dibattito tra gli economisti: è davvero necessario tenere i tassi così alti per così tanto tempo? Non sarebbe più saggio fermarsi prima, per evitare di rompere definitivamente il delicato equilibrio tra crescita e stabilità dei prezzi?

Questa fase rappresenta un enorme stress test per l’intero sistema finanziario globale. Le banche centrali devono calibrare con cura la politica monetaria, senza farsi spaventare dai mercati ma nemmeno ignorandone i segnali di allarme. In gioco non ci sono solo i numeri sui bilanci, ma il benessere quotidiano di milioni di famiglie, la sopravvivenza di migliaia di imprese e la tenuta delle finanze pubbliche. Il ritorno dei tassi alti segna la fine di un’era e l’inizio di un mondo più costoso, dove il prezzo del denaro torna a dettare le regole con durezza.

E così il futuro sarà deciso dalla capacità di ciascun attore economico — stato, banca, impresa o semplice cittadino — di adattarsi a questo nuovo contesto, ripensare le proprie strategie, ridurre le vulnerabilità e cogliere i benefici di un risparmio finalmente remunerato. Chi saprà evolvere potrà persino trarne vantaggio; chi resterà ancorato a modelli superati rischia invece di scoprire che la corsa ai tassi d’interesse non è una gara per tutti, ma solo per chi riesce a stare al passo senza perdere l’equilibrio.

 

Leggi anche ...

Image
google review  spazio google review
rss  spazio telegram canale1
Image
logo S&P w
logo econsulting w
logo magazine
bancheefinanza
logo inicorbaf art
logo blotix
Borbone Napoli
Image

logo econsulting w spazio magazine logo footer spazio bancheefinanza spazio logo blotix

spazio spazio google review mini spazio google review mini spazio telegram canale1 spazio rss

 

Image

spazio logo econsulting w spazio magazine logo footer spazio bancheefinanza

logo blotix spazio spazio Borbone Napoli
telegram canale1


spazio

rss spazio google review mini spazio google review mini