Basilea III: le banche italiane pronte al cambiamento

Basilea III: le banche italiane pronte al cambiamento

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Al via nel 2012 le nuove regole globali sui patrimoni di vigilanza delle banche. La crisi ha insegnato che ci vuole severità nel valutare il capitale 'reale' degli istituti. Possibili innovazioni sui crediti fiscali preoccupano gli intermediari italiani. La crisi sta pian piano allentando la morsa, ma il sistema bancario non è ancora del tutto al riparo da fenomeni finanziari di rischio.

Nel frattempo, però, le imprese vanno sostenute senza eccessivi timori dal sistema creditizio, in modo da dare respiro a un'economia che tenta con fatica di rilanciarsi.

Il sistema internazionale di regole sui requisiti patrimoniali delle banche sarà modificato da una riforma che manderà in pensione l'accordo 'Basilea 2' in favore del cosiddetto 'Basilea 3'. Tuttavia i tempi non saranno brevissimi: il nuovo quadro regolatorio entrerà in vigore a partire dal 2012, ma nel breve termine ci sono delle risposte da dare agli imprenditori che hanno 'sete' di finanziamenti e non riescono ad abbeverarsi a un rubinetto creditizio che gocciola appena.

Non a caso il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, ha chiesto al Comitato di Basilea di "completare tempestivamente il programma di riforme" per un "sistema bancario più solido" e in grado così di "sostenere la crescita economica nel lungo termine".

Dall'Abi, si auspica un nuovo patto tra intermediari e imprese, un tavolo di confronto allargato anche alle istituzioni per attenuare la prociclicita' di Basilea 2 che sta danneggiando l'industria e le Piccole e medie imprese.

“BASILEA 2” e l’innovazione di "BASILEA 3"

Per chi non lo avesse chiaro, 'Basilea 2' è in soldoni il sistema di rating adottato da ogni banca per inquadrare la situazione patrimoniale e la rischiosità finanziaria delle imprese sue clienti.

Com'è naturale, da questi parametri dipendono il destino degli impieghi e dunque la condizione patrimoniale della banca stessa. Senza entrare in difficili tecnicismi, si può dire che 'Basilea 3' da una parte rende meno astratta la valutazione sull'impresa e la cala nella realtà economica e territoriale del cliente, mentre dall'altra fa tesoro della crisi che ha mandato gambe all'aria diversi grandi istituti di credito, rendendo più stringenti i parametri di analisi della qualità del patrimonio di vigilanza dei prestatori di denaro.

In sostanza, si cerca di chiarire il dato fondamentale sul capitale autentico della banca, limitando il Tier 1 al capitale ordinario, riparametrando il Tier 2 senza strumenti ibridi di para-capitalizzazione e abolendo il Tier 3. Si tratta di aspetti tecnici di cui si è a lungo discusso. Uno dei più interessanti riguarda la modifica del calcolo dei crediti fiscali da dedurre sul patrimonio di vigilanza. In pratica, le imposte anticipate dalle banche - che diventano un credito nei confronti dello Stato - dovrebbero essere inserite negli attivi di bilancio solo entro una certa quota proporzionale al capitale di migliore qualità. Ciò dovrebbe servire ad omogeneizzare i diversi trattamenti fiscali nazionali, limitando il peso finanziario di questi 'tax assets' e decurtando così voci di bilancio poco tangibili.

Non a caso Bankitalia ha messo sull'avviso i nostri istituti, poco esposti rispetto alla crisi internazionale ma storicamente portatori di forti crediti fiscali per le perdite sugli impieghi. Ed ecco che le banche chiedono un sostegno fiscale al governo, a fronte

di una possibile revisione della deducibilità dei tax assets.
Nel frattempo, il Financial stability board (Fsb), spinge affinché gli intermediari sveltiscano l'irrobustimento dei loro patrimoni, anche se questo dovesse ripercuotersi sugli utili e sui bonus per soci e manager. Proprio l'Fsb, guidato dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, presenterà al prossimo G-20 di giugno un'analisi preliminare su possibili azioni da mettere in campo per gestire la questione dei soggetti finanziari troppo grandi per fallire (in inglese 'too big to fail'): in pratica quelle istituzioni il cui collasso rappresenta un rischio sistemico talmente enorme da rendere meno costoso un intervento pubblico di salvataggio.

Gli obiettivi della riforma

La crisi che ha colpito due anni fa il sistema finanziario internazionale e che tuttora produce effetti negativi per l’economia mondiale ha fatto ritenere indispensabile un complessivo ripensamento della regolamentazione prudenziale. Sebbene la crisi sia stata la conseguenza di molti fattori concomitanti, certamente l’apparato regolamentare e di supervisione del settore finanziario non è stato in grado di prevenire l’eccessiva dilatazione dei rischi o di imbrigliare la trasmissione della turbolenza finanziaria.

I requisiti regolamentari hanno immediatamente perso la loro funzione di riferimento per valutare l’adeguatezza patrimoniale di una banca. Alle autorità tecniche è stato anche chiesto di disegnare regole prudenziali e standard contabili che evitino di accentuare la tendenza del settore finanziario a favorire la crescita – talvolta euforica – del credito all’economia nei periodi di maggiore espansione e a ridurla drasticamente all’inversione del ciclo. Parallelamente è stato chiesto il rafforzamento delle regole per il controllo del rischio di liquidità.

L’eterogeneità delle regole non ha favorito la gestione integrata della liquidità per i gruppi cross-border, limitandone la mobilità, generando inefficienze e tensioni nei momenti di maggiore pressione sui mercati.

E’ stato inoltre affermato il principio che tutte le istituzioni finanziarie e le infrastrutture di mercato sistemicamente rilevanti siano assoggettate a forme adeguate di controlli, per evitare l’accumulazione di rischi sistemici e il gioco degli arbitraggi regolamentari. Le linee generali del piano d’azione sono state trasposte in proposte operative dal Comitato di Basilea.

L’insieme delle misure mira a ridefinire aspetti importanti dell’assetto regolamentare, in linea con gli obiettivi ambiziosi fissati dal G20. Dalla riforma dovrà uscire un sistema finanziario più prudente, in grado di affrontare le crisi da una posizione di maggiore solidità, riducendo i costi che potrebbero essere addossati alle finanze pubbliche e all’economia reale in caso di dissesto.

L’impatto di Basilea III sulle banche italiane

In Italia, gli effetti della crisi sono stati meno forti grazie a un modello di intermediazione tradizionale, sostenuto da un quadro regolamentare e una vigilanza prudenti.

Le banche italiane sono entrate nella crisi con un’esposizione complessivamente contenuta verso i prodotti della finanza strutturata e una minore dipendenza dai mercati della raccolta all’ingrosso. Il nostro sistema bancario era e resta caratterizzato dalla prevalenza dell’attività di intermediazione creditizia a favore di famiglie e imprese, dal radicamento sul territorio, da una leva finanziaria contenuta e da una struttura di bilancio nel complesso equilibrata.

La limitata operatività nel campo della finanza innovativa e nella negoziazione di prodotti di credito strutturati induce a ritenere che l’impatto dell’inasprimento dei requisiti patrimoniali sul trading book risulterà in media contenuto. L’introduzione della leverage ratio non dovrebbe comportare conseguenze importanti. Non ci si può però nascondere che le modifiche regolamentari proposte dal Comitato di Basilea richiederanno alle banche italiane adeguamenti non trascurabili. Sebbene esse partano da una situazione migliore di quella di altri sistemi bancari sul fronte, ad esempio, della qualità del patrimonio, rimangono aperti aspetti importanti delle proposte che potrebbero determinare conseguenze di rilievo. Ho in precedenza fatto riferimento alla deduzione dal patrimonio delle attività per imposte anticipate, degli interessi di minoranza e delle partecipazioni bancarie, finanziarie e assicurative. Tali opzioni potrebbero avere impatti non trascurabili sul nostro sistema.

Le proposte che abbiamo presentato a livello internazionale potrebbero contribuire a contenere gli effetti di queste deduzioni. Quanto alle regole sulla liquidità, l’effetto dipenderà dal disegno finale dei due indicatori. Appare tuttavia chiara sin d’ora la necessità che le banche italiane aumentino le scorte di attività prontamente liquidabili.

Se da un lato il profilo di liquidità del sistema appare complessivamente migliorato, anche grazie alla rafforzata azione di monitoraggio avviata dal 2007 dalla Banca d’Italia, dall’altro permangono sui mercati elementi di incertezza.

Analisi degli effetti macro-economici

Attraverso lo studio d’impatto quantitativo, il Comitato valuterà compiutamente le interazioni tra le diverse misure al fine di identificare le aree sulle quali possono rendersi necessari interventi migliorativi o correzioni. Con la progressiva conclusione dei lavori sugli strumenti anticiclici e sulle istituzioni sistemiche potrà essere analizzato il funzionamento complessivo della riforma, anche al fine di procedere alla eventuale razionalizzazione e semplificazione delle proposte.

Tale analisi – bottom-up perché basata sui dati raccolti presso le banche – sarà integrata da una valutazione su quale sia il livello più adeguato di capitale che il sistema bancario internazionale nel suo complesso dovrebbe detenere, bilanciando l’esigenza di garantirne la capacità di fronteggiare le perdite connesse con eventuali crisi finanziarie e quella di evitare effetti indesiderati sulla sua capacità di sostenere la crescita economica. Non ci si può nascondere che si tratta di un progetto ambizioso, che richiede l’utilizzo di modelli molto complessi e di dati – relativi a molti paesi – affidabili e confrontabili. Alcune autorità e la stessa industria hanno già avviato lo sviluppo di modelli macroeconomici in grado di valutare gli effetti della regolamentazione prudenziale sull’economia reale e sulla probabilità di crisi, consentendo prime analisi dei costi e dei benefici delle nuove misure.

L’analisi macroeconomica contribuirà alla calibrazione definitiva del pacchetto complessivo, ma non possiamo aspettarci che essa fornisca tutte le risposte. La scelta definitiva sarà necessariamente il risultato di valutazioni quantitative e di buon senso.

È impegno delle autorità evitare impatti significativi sull’economia reale. Le nuove regole – che entreranno in vigore alla fine del 2012 a condizione che si sia manifestato il consolidamento della ripresa economica – saranno introdotte con la necessaria gradualità, anche attraverso la previsione di disposizioni transitorie, incluso un periodo di grandfathering sufficientemente lungo, al fine di dare agli intermediari il tempo di adeguarsi e di non ostacolare il superamento della crisi. Credo che si possa fare affidamento sulla sensibilità delle autorità di supervisione e delle banche centrali all’esigenza di gestire con accortezza il ciclo economico, per dissipare i timori di una reazione eccessivamente rigorista.

Non si intende punire il settore bancario, tassello fondamentale dello sviluppo economico. Tuttavia, è chiaro sin d’ora che i livelli di redditività registrati in passato – superiori a quelli degli altri settori produttivi – potranno difficilmente ripetersi in futuro. Essi sono stati il risultato dell’esposizione a rischi troppo elevati, non adeguatamente coperti da risorse patrimoniali e di liquidità. L’insieme dei provvedimenti in discussione

potrà determinare una contrazione dei profitti delle banche, ma

comporterà anche un positivo contenimento dei rischi assunti.

Conclusioni

Le proposte del Comitato di Basilea, sebbene richiedano ulteriori riflessioni e affinamenti, muovono nella direzione indicata dalle massime autorità politiche a livello globale. Esse pongono basi solide per rimediare alle criticità emerse durante la crisi e costituiscono il contributo della comunità dei supervisori al più ampio ripensamento delle regole che devono guidare uno sviluppo equilibrato del sistema finanziario.

Pur confermando sostanzialmente la filosofia di fondo di Basilea 2, si prende atto di alcuni limiti della disciplina e si introducono i correttivi necessari a migliorarne il funzionamento e a garantire che essa consegua gli obiettivi per cui era stata ideata. Aspetti, anche non marginali, del nuovo pacchetto di Basilea potranno essere rivisti, modificati e perfezionati anche alla luce dei commenti ricevuti. Deve essere chiaro tuttavia che la struttura complessiva della riforma non è in discussione: in futuro non dovranno ripetersi casi di carenti dotazioni patrimoniali, gestione irresponsabile del rischio di liquidità, avventata crescita degli attivi seguita da repentini fenomeni di deleveraging.

Il rallentamento del processo di revisione delle regole a livello internazionale – che da alcune parti sembra auspicarsi – sarebbe una scelta miope. Si potrebbero determinare fughe in avanti di alcuni paesi, facendo naufragare definitivamente il tentativo di definire un terreno di gioco realmente livellato.

Analogamente, si deve contrastare il pericolo che regole troppo severe siano poi applicate in modo eterogeneo.

Affinché i benefici della revisione in atto possano effettivamente concretizzarsi, è fondamentale definire standard credibili e, almeno in Europa, criteri condivisi per il loro enforcement. Se così non fosse, ne risulterebbero penalizzati soprattutto gli operatori appartenenti alle giurisdizioni tradizionalmente più rigorose.


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